Tanto per…Parlare – Liliana Segre ed il genocidio del popolo Palestinese.

Categories :

RUBRICA A CURA DI TIZIANO TUSSI

 

Secondo la Segre la parola genocidio è una bestemmia, come chiamare allora l’uccisione di masse di palestinesi di Gaza, ma anche della Cisgiordania?

Il giudizio negativo sul governo di Israele va a braccetto con l’antisemitismo diffuso, pare proprio un ossimoro.

Essere contro il governo di Israele non vuole significare automaticamente essere antisemita, ma poi  antisemita: cosa vuole dire?

Semiti è un termine che si riferisce a tutti quei popoli che parlano, o hanno parlato, lingue del ceppo semitico, cioè gli Arabi, gli Ebrei, gli Aramei, gli Assiri, i Cananeo-Fenici e dal punto di vista prettamente linguistico gli Abissini.” (Wikipedia)

Ma dopo la creazione dello Stato di Israele antisemita prende come obiettivo solo gli ebrei, un inglobamento storicamente ingiustificato del significato del termine.

Forse il tutto parte da Theodor Herzl e dalla sua volontà di costruire lo stato ebraico,dovunque esso potesse esistere, anche in Africa o in America, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.

La storia di allora lasciamola, l’attualità di oggi e di ieri ci dice che la guerra in corso lascia sul terreno una grande quantità di palestinesi ed una
piccola quantità di ebrei.

La differenza di quantità fa comunque la differenza, ora se non dobbiamo chiamarlo genocidio quale altra parola risulta precisa per queste morti a ripetizione?

La Segre dice che gli studenti che protestano lo fanno perché non hanno studiato, l’articolo di riferimento (Corriere.it, 22 maggio) termina con una risposta di un rabbino che le dice: “Qualunque cosa succeda noi siamo eterni”, e  lei di rincalzo sottoscrive.

A tal proposito mi viene in mente invece una frase che mi disse un inconsapevole filosofo parmenideo, che vendeva latticini alla cooperativa di Acquanegra Cremonese: “Quand te se mort, te ghe set mai stat” (Traduzione: quando sei morto non ci sei mai stato), ed io penso avesse ragione lui sotto molti aspetti.

Ma andiamo avanti. Articolo di la Repubblica, in rete, 21 maggio riporta una dichiarazione del direttore  Maurizio Molinari che dice: “Ci sono attori straniere, russi e cinesi che hanno interesse a diffondere odio contro Israele e contro gli ebrei, per dividere l’Occidente …Questa campagna di delegittimazione di Israele dipinta come entità coloniale …fa il paio con gli attacchi contro l’Occidente, non riguarda solo gli ebrei, ma come
obbiettivo finale ha i nostri sistemi democratici.”

Molinari equipara Israele ad uno stato occidentale, ad una democrazia ecc. ecc., ricordo che ci avviciniamo oramai a 40mila morti a Gaza, la metà, si dice, bambini e a queste panzane del direttore risponde su il Fatto quotidiano. it Michele Santoro che dice cosa di ovvio buon senso: un assassino è sempre tale (riferendosi a Netanyahu), non si possono ammazzare migliaia di uomini, donne e bambini per rispondere ad un attacco terroristico.

Anche quello che succede in Cisgiordania non promette nulla di buono: con l’attenzione del mondo concentrata sulla Striscia è cresciuto il numero dei villaggi palestinesi che sono stati svuotati dei loro abitanti, fuggiti per paura dei coloni.

Sono aumentati i raid dell’esercito e gli attacchi con i droni: la Cisgiordania è il punto dimenticato di questa crisi, ma allora qual’è la soluzione? Due stati due popoli?

Non credo sia possibile, troppo vicini e troppo integralisti, specialmente lo stato ebraico.” (Edward Said, La convivenza necessaria, Prefazione di Igor Man, Internazionale, 1999.), occorre partire da qualcosa che ora manca (ed anche ora, a maggior ragione, ndr) totalmente nelle realtà palestinese ed israeliana: il concetto e la pratica della cittadinanza, e non della comunità etnica o razziale, come mezzo principale della coesistenza. (Said)

Altrimenti: “Ma una delle cose che rende così agghiacciante la continuazione della guerra in Israele è che, dopo avere ucciso più di 35mila palestinesi, e dopo che 1200 israeliani sono stati uccisi da Hamas il 7 ottobre, il quadro politico generale in Israele e Palestina il giorno dopo la fine del conflitto potrebbe restare identico a com’era il 6 ottobre. (Internazionale, 17/23 maggio 2024, tradotto da, Joshua Leiferche, The guardian)”

Questo potrebbe essere molto vero se oltretutto i due attori sulla scena, Hamas e Netanyahu, avessero saputo benissimo cosa sarebbe accaduto quel giorno, e lo avessero fatto accadere, mettendo sul piatto, indifferentemente, le orribili conseguenze.

Tanto per Parlare in onda tutti i giovedì alle 14:30 su  www.radiograd.it 

Riascolta le puntate precedenti: https://gemininetwork.it/tag/tantoperparlare/